domenica 29 gennaio 2012


Genus Bononiae

Quante volte abbiamo sentito dire: “Bologna deve tornare a essere importante”; oppure “Bologna deve riprendere il ruolo che ha perso”. Sulla stampa, nei commenti dei politici, nelle considerazioni di tanti intellettuali nostrani è un tormentone ricorrente. Ma di quale Bologna si parla, quale Bologna s’immagina, di quale Bologna si ha nostalgia? La memoria collettiva, in molti casi, sembra guardare al recente passato, agli anni del secondo dopoguerra, quando Sindaco di Bologna era Giuseppe Dozza. Altri pensano addirittura al tempo di Renato Zangheri e Renzo Imbeni.
Insomma tanti, specialmente nella sinistra bolognese rimpiangono quegli anni, come se in quegli anni Bologna fosse stata “grande”, in molti casi dando per certo che lo sia stata. Se interpellati sul perché quegli anni siano stati grandi per Bologna vengono date alcune risposte ricorrenti: vi erano buone amministrazioni pubbliche, buoni ed efficienti servizi sociali, buona coesione sociale…
Ma in che cosa è stata grande, irripetibile modello per l’Italia, per l’Europa la Bologna di quegli anni? Che cosa resterà veramente di quella stagione alle generazioni future? Che cosa sarà ricordato nei musei e nelle storie cittadine della Bologna degli anni 60/80?

Ieri a Bologna è stato aperto al pubblico Palazzo Pepoli col suo nuovissimo “Museo della Storia di Bologna”. Si tratta dell’ultimo elemento del più vasto progetto culturale di recupero di edifici e spazi da destinare alla cultura, all’arte, alla lingua, all’ingegno… Tra questi: Casa Saraceni, Palazzo Fava, San Giorgio in Poggiale, San Colombano, e tanto altro. Genus Bononiae è il nome che, a questo grande progetto di recupero della storia Bolognese, hanno voluto dare la Fondazione Carisbo e il suo Presidente Fabio Roversi Monaco. In quel Museo della Storia di Bologna si ripercorrono le grandi tappe della città: dall’antichità, al Medioevo, al Rinascimento alla Controriforma, e poi via via, sino agli inizi del Novecento. Da quel museo si può aver un’idea della ricca, straordinariamente ricca storia di Bologna. Un punto centrale del corso degli eventi italiani paragonabile per ricchezza e varietà a Firenze e Roma.
Ora sappiamo, con maggiore chiarezza, quale storia ha fatto grande Bologna. Al tempo stesso quali strade debbano essere percorse per riportarla ai fasti di un tempo.

                                                                 L. R

sabato 28 gennaio 2012


Dal Centro Sportivo Italiano di Sasso Marconi riceviamo e pubblichiamo.

Sport e cultura : una nuova attività
LA  SCHERMA  MEDIEVALE

La Gilda d’Arme Bononia,
è una Società di scherma  antica che si ispira alle famose compagnie d’arme presenti sul territorio Bolognese tra il XIII e il XIV secolo.
 Dovendo provvedere alla ristrutturazione territoriale del suo circondario, il neo Comune di Bologna nel 1223 pensò di mettere le varie località che via via venivano acquisite, alle dipendenze dei quattro quartieri cittadini: porta PROCOLA, porta STIERA, porta RAVEGNANA e porta  PIERA: a sua volta i Quartieri si affidarono alle Compagnie d’arme per presidiare il territorio.
 Alcune località come Sasso Glòsina ( il nome antico di Sasso) soggiacevano ancora alla dominazione dei Lupi Rapaci, i famosi Conti di Panico e altre a quella degli Aigoni ( zona Lagune)e dei loro Cattani,in base a ciò, le Compagnie d’Armi del quartiere porta STIERA, furono quelle mandate a  controllare e vigilare il territorio di Sasso , opponendosi con valore alle “masnade”. dei Nobili locali .
Questa è la storia... oggi siamo “tornati “a Sasso Marconi e ci occupiamo di : Arti marziali Italiane,scherma antica,combattimento medievale,tornei di scherma e tornei a impatto pieno in armatura e rievocazione storica.
 La Compagnia è anche un'associazione culturale, i gruppi di studio presenti all'interno , sono orientati al recupero dei Valori delle Arti Marziali Occidentali e al loro insegnamento.                                                                                
Proponiamo corsi trimestrali,basandoci sullo studio di antichi trattati e sulla storia della tradizione Bolognese di quel periodo,con particolare riferimento alla Cavalleria come stile di vita mai tramontato.
Ci potete trovare  a  Sasso Marconi c/o la palestra della piscina comunale il martedì e il  giovedì dalle 21,15 alle 22,45, nell’ambito delle attività del CSI SASSO MARCONI.   
                                                                                                                                                                                                     Per informazioni  telefonare a Stefano  cell.392 6160616.
Iscrizioni presso la Segreteria CSI tribuna piscina comunale ore  16,30/19,30 al martedi/mercoledi/giovedi telefono:  051/6752007).
La quota di iscrizione e frequenza dà diritto alla partecipazione,con un ruolo appropriato,agli eventi a cui partecipa  la Compagnia, utilizzando il vestiario che dà in dotazione: l'abito medievale prevede tra l’altro un sopracotta d’arme con ricamato lo stemma ufficiale;                                                       Durante gli eventi :
 - Ricostruzione di accampamento storico del 1250-1400 ;
- Cucina storica da campo, momenti di vita popolare liberamente ispirati al medioevo ;
- Dimostrazioni di scherma storica e da spettacolo , tornei , giostre e  battaglie rievocative;
- Sfilate in costume, musica e danze medievali; 
- Arceri, balestrieri, falconieri, mangiafuoco, giullari, giocoleria, arti e mestieri storici.
La Compagnia partecipa e organizza  feste e tornei, ricostruzioni storiche dal periodo Medievale al Primo Rinascimento che rappresentano la parte ricreativa , sperimentale, promozionale ...ed essendo tra le attività associative primarie, sono l’occasione per i suoi componenti per mettere alla prova gli studi e la pratica svolta. La dotazione di costumi storici,ma  soprattutto le armature e  le riproduzioni di armi quali spade scudi, pugnali,  ecc. permettono di coprire il periodo storico compreso tra il XII ed il XV sec.
Le armi utilizzate negli spettacoli, sono fedeli riproduzioni in acciaio  prive del filo e della punta per renderle inoffensive (armi cortesi) La caratteristica che ci distingue da altri gruppi e  presunte scuole di scherma, è la  padronanza delle tecniche che ci permette, a livello spettacolare, di offrire un combattimento reale, vicino alla realtà del tempo,anche se controllato quindi non pericoloso... e non un insieme casuale di sequenze prestabilite e concordate in precedenza. I colpi, le parate, gli attacchi portati durante il combattimento sono veri e la sicurezza viene anche dalla preparazione psico-fisica degli allievi, che nella nostra disciplina, permette di offrire un combattimento privo di azioni non sicure.
                 VENITECI A TROVARE...  


venerdì 27 gennaio 2012

giovedì 26 gennaio 2012

Conosci Faruk?

Si diceva un tempo che “la pubblicità fosse l'anima del commercio”. Non si trattava evidentemente di una riflessione teologica sulle caratteristiche dell'anima, ma più semplicemente un modo per dire che per vendere qualcosa la pubblicità (il modo con cui si fa pubblicità) è estremamente importante.
Siamo da tempo abituati a una società nella quale si mercanteggia e si pubblicizza tutto. Anzi da diversi anni (lo ha spiegato molto bene Naomi Klein nel suo “No logo”) nella globalizzazione culturale spesso il prodotto sparisce e rimane solo il Logo, cioè l’idea del prodotto che la pubblicità vuole venderci. Nell’ultimo decennio la cultura del web ha impresso una svolta alla tecnica pubblicitaria, trasmettendo lo stile dei social network anche a questo campo: l’obiettivo principale è che il consumatore si identifichi nel prodotto e che si senta parte di qualcosa di collettivo, si senta accettato dalla comunità dei consumatori.
Molte aziende hanno saputo sfruttare egregiamente questa tecnica: la Nike in particolare ha fatto scuola (Nike: notare che non si pubblicizza nulla in particolare!), ma è stata ampiamente eguagliata dalla capacità dei più recenti spot Apple di fare dei suoi acquirenti un’immaginaria comunità di “illuminati” (rimando al recentissimo spot in ricordo di Steve Jobs: Apple).

Ultimamente anche i partiti politici sembrano voler inseguire questa “moda” , presentandosi e pubblicizzandosi con le stesse tecniche che imperversano nel mercato. Se il partito è un prodotto, una merce, va pubblicizzato usando gli stessi criteri che si usano per le merci. Se la pubblicità sfrutta i social network e copia il loro stile leggero, anche la politica finisce per cercare il “MI PIACE” su Facebook o il tormentone in rete.

Ma un partito politico può essere considerato una merce ? Gli iscritti ad un partito possono essere assimilati a dei semplici consumatori?
Qualcuno dirà che si tratta di un modo per avvicinare i cittadini più giovani alla politica, ai partiti. Ma se pubblicizziamo un partito usando le stesse tecniche che si usano per vendere un profumo o una lavatrice che idea diamo dei partiti e della politica? Siamo sicuri di non stare sottovalutando le capacità critiche dei giovani?
I risultati credo parlino da soli.

L.R.


lunedì 23 gennaio 2012

Pieghevole Giornata Della Memoria 2012

sabato 21 gennaio 2012


La buona educazione, anche in politica…

In questi giorni il livello della concitazione politica a Sasso Marconi si è notevolmente alzato. L’opposizione in Consiglio Comunale ha chiesto le dimissioni di almeno due membri della Giunta, lanciando accuse che, se provate, potrebbero avere anche pesanti conseguenze e non soltanto politiche.
Sin qui però niente di strano: che l’opposizione faccia l’opposizione è fisiologico in ogni democrazia. Ciò che invece ci pare “patologico”sono i toni che a volte sono usati per replicare e rispondere. Infatti, sembra si faccia una fatica enorme a separare i fatti, le questioni, dalle persone che li sollevano. Le repliche non sono quasi mai puntuali, oggettive, volte a spiegare e legittimare un certo comportamento; molto spesso invece vanno direttamente a colpire, a tratti in modo basso e volgare, l’avversario politico che ha sollevato questa o quella questione.
Siffatto modo di “rispondere”nasconde molto spesso pochezza di argomenti e una forte “arroganza” nella gestione della cosa pubblica.
Si tratta della stessa “pseudo cultura giornalistica” passata col nome di “metodo Boffo”. Molti ricordano il Direttore di “Avvenire” Boffo che per aver sollevato alcune questioni riguardanti il Primo Ministro fu seppellito d’improperi, di accuse personali, di minacce che lo costrinsero alle dimissioni. Si tratta di quella altrettanto singolare interpretazione della democrazia che dice: i cittadini mi hanno eletto per questo rispondo solo a loro del mio operato.
Quindi chi amministra pro tempore sia trasparente e chiaro; spieghi senza stancarsi ogni atto, ogni comportamento, ogni scelta. Solo così sarà credibile e i cittadini avranno la certezza che non ha nulla da nascondere.

                                                                                              L.R.

giovedì 19 gennaio 2012


  TEX WILLER di GL. Bonelli e A.Galeppini                                          

E pensare che negli anni ’70 all’università c’erano dibattiti per chiedersi se era di destra o di sinistra.
No non si parlava di Guazzaloca o di Fini, ma di lui, il grande e inimitabile Tex Willer.
Quel dibattito è terminato da un pezzo ma lui continua imperterrito per le sue praterie, perché Tex non era di destra o di sinistra ma semplicemente oltre. Non una storia ma un destino.
Con l’ordine quando l’ordine è lui, con la sovversione quando il sovversivo è lui. Inarrivabile!
Confessiamo che anche noi “navajos” eravamo un po’ scettici di fronte alla ripubblicazione degli albi di Bonelli a colori. Vedevamo con preoccupazione l’alterazione del bianco e nero del mitico Galeppini. Eppure sono bastati i primi albi per capire che il colore non solo non sfregiava l’autenticità del personaggio ma ne esaltava la freschezza. E così abbiamo puntualmente sancito nel giovedì l’appuntamento stavolta settimanale con l’edicolante. Qualcuno sostiene di avere visto anche Feltri travestito da bufalo in edicola a comprare Repubblica e l’allegato, salvo cestinare immediatamente il quotidiano.
Dire di Tex o peggio, recensirlo è impresa più che impossibile, improbabile.
Ormai la consuetudine con quei personaggi è talmente consolidata che pare di trovarseli di fianco nei volti, nelle espressioni colorite, nelle trame quotidiane.
Difficile scegliere l’avventura più eclatante. Come selezionare fra la “montagna sacra” e “sangue navajo”; fra la sconfitta nientepopodimeno degli United States of America nella figura del colonnello Elbert e l’eterno Mefisto?
 Come scegliere fra le sceneggiature dei Bonelli, padre e figlio, Nizzi o Boselli o Ticci e le tavole di Galeppini, Ortiz, Marcello, Fusco.
Tex è uno dei pochi personaggi del fumetto divenuto mito che attraversa le generazioni senza mai invecchiare.
Fedele a se stesso ma anche capace di mutare. Integerrimo ranger e capo indiano (aquila della notte), che però sa sorridere del e con il vecchio reprobo pard Kit Carson (capelli d’argento) eternamente sensibile al fascino femminile nonostante l’età. Affiancato dal figlio Kit (piccolo falco) e dall’amico indiano tanto silenzioso quanto efficace Tiger Jak sono sempre impegnati a combattere i malfattori.
Senza contare gli amici lontani ma fedeli, da Jim Brandon il canadese giubba rossa, al messicano Montales, dal francese Gros Jean al forzuto irlandese Pat Mc Ryan per non parlare del grande scienziato El Morisco.
Una compagnia di giro sempre pronta a mettersi nei guai per difendere i deboli contro i soprusi dei più forti. Eroi puri, senza macchia e senza paura, dove la sapienza degli autori, attraverso tavole intense riescono a mostrare nella ruvida frontiera western i sentimenti più profondi.
Tex non piange mai, ma ci sono momenti (si pensi al giuramento sulla tomba della moglie Lilith o alla sua profanazione) dove al lettore è lasciata la suggestione di una commozione profonda.
E che dire dei nemici che vanno e vengono, da quel Proteus capace di mille volti alla saga di Mefisto padre e figlio (Yama). Pochi ricorderanno di averlo incontrato nei primissimi albi come Steven Dickart con la sorella. Eppure lui è lì ancora intento ai suoi malefici e alle sue vendette. Sconfitto, ucciso, riappare, si reincarna e attraverso quegli occhi rabbiosi che dicono più di tante parole è sempre in agguato.
E noi mai sazi lo attendiamo ancora, certi che nonostante tutto il grande Tex ne uscirà vincitore. E noi con lui. Perché in fondo noi sappiamo che quel vecchio tizzone  sarebbe in grado di scendere all’inferno per tirare la coda di messer satanasso e ritornare senza una scottatura. E  che,  prima o poi (anche se  a volte capita nella realtà che quel poi si allunghi di molto),  i buoni vincono sempre.
pennino di falco



martedì 17 gennaio 2012

                                                                                                                              foto di Sergio Marchioni

L’A.B.C. (Alfano, Bersani, Casini) d’Italia

Sarà anche dovuto alla spaventosa crisi economica internazionale; sarà anche dovuto all’emergenza Europa; sarà anche dovuto al senso di responsabilità nei confronti dei problemi dell’Italia, ma certo è che vedere i tre leader, genericamente espressione di destra, sinistra e centro, sostenere lo stesso Governo fa comunque impressione.
Dopo tanti, insopportabili anni manichei nei quali si poteva solo essere berlusconiani o antiberlusconiani oggi si respira un’aria nuova, strana a cui non siamo abituati.
Oggi vi è stato un vertice ufficiale dei tre “partiti” che sostengono il Governo Monti, per redigere un documento ufficiale da portare in Europa col quale si affermi che la destra, il centro e la sinistra italiana sostengono le misure adottate dall’Esecutivo.
Così saltano tutti gli schemi pseudo-politici del passato e che hanno, di fatto, cementato i conservatorismi di destra e sinistra, di chi voleva solo mantenere lo status quo. Così finalmente, in questo scorcio finale di legislatura, si può parlare dei problemi reali delle persone, dei cittadini, dell’Italia, fuori da paradigmi obsoleti e fortemente ideologici. Ora può aver senso sostenere che la politica serve al bene comune e che in questo sta la sua dignità. Su questo terreno forse saltano anche le storiche classificazioni di destra e sinistra e possono essere sostituite da distinzioni più semplici e meno impegnative, come conservatori e riformatori.
Se a livello nazionale l’inimmaginabile (solo pochissimi mesi fa) si è realizzato, chissà che un piccolo miracolo non possa realizzarsi anche a Sasso Marconi.
L.R.


lunedì 16 gennaio 2012


Riceviamo e pubblichiamo...

Domenica 22 gennaio 2012, alle ore 10.00, è stata convocata un'assemblea pubblica che ha come tema la vita sportiva della nostra bella cittadina, ed in particolare le vicende che hanno interessato, in questi ultimi anni, gli impianti sportivi di Ca' de Testi. L'assemblea si svolgerà all'interno della Sala Atelier, affacciata sulla piazzetta del Teatro.
A promuovere l'incontro sono state le forze di opposizione, sia quelle presenti anche in Consiglio Comunale, che quelle solo presenti sul territorio (i Consiglieri della lista di Fabrizio Trasforini, e quelli della lista civica Sasso Libera, e i referenti di UDC e della Lega Nord).
Dopo svariate interrogazioni che si sono succedute negli scorsi anni, e dopo un Consiglio interamente dedicato allo Sport dalle stesse forze di opposizione, che si è svolto il 24 maggio 2011 (durante il quale si è cercato di dare una risposta di minima a problemi già molto complessi), la situazione sembra ancora abbastanza lontana da un reale assestamento.
E nessuna soluzione al problema sembra comunque indolore!
Nati alla fine degli anni '80, arricchiti nel 2000 con le palestre coperte, e completate nel 2008 dal nuovo manto sintetico, gli impianti di Ca de' Testi rimangono tuttora il principale luogo deputato allo sport di Sasso.
Eppure, da ormai qualche anno, sembra che aleggi sull'impianto una sorta di “maledizione”.
Continue rotture (impianti, teloni, ecc.), problemi gestionali apparentemente insolubili, scelte discutibili.
Se un telone si rompe, si dice, è colpa del vento. Ma è solo colpa del vento?
Quali scelte hanno reso la struttura totalmente non appetibile ad un gestore privato?
Cosa ha portato il Comune a revocare la convenzione all'inizio di questo 2012, rientrando (così pare) in possesso delle strutture molto prima dei 30 anni inizialmente previsti?
Quali sono le prospettive future per l'area?
Durante l'incontro di domenica prossima si cercherà di ricostruire il percorso che ha portato agli eventi recenti, e si chiederà ai presenti (tra i quali speriamo di vedere i membri delle società sportive, ma anche i numerosi sportivi che a vario titolo frequentano gli impianti, e anche tutti i volenterosi cittadini che sono curiosi di capire un po' meglio cosa è successo o che hanno suggerimenti operativi da offrire) di apportare anche il loro contributo alla discussione.
Come è stato recentemente scritto a chiusura di una recentissima interrogazione consiliare presentata dai Consiglieri di PDL-Lega e Sasso Libera sempre sul tema Ca de' Testi:
“Nella speranza che il futuro degli impianti sia all'altezza delle radiose aspettative che si avevano al momento dell'inaugurazione (che non ci paiono tutte correttamente attuate, almeno fino ad ora), e nella speranza che chiarezza e apertura nel dibattito prevengano per il futuro quanto non è funzionato nel passato, restiamo in attesa di questi nuovi chiarimenti.”
Nel frattempo cercheremo di confrontarci un po' meglio con la cittadinanza interessata, per costruire un quadro più completo della questione.

                                                                                                                                                   Andrea Micheletti

sabato 14 gennaio 2012


Non c’è solo Cortina

Percorrevo l’altro giorno la Porrettana quando al mausoleo di Marconi con gesto deciso della sua paletta un finanziere mi invita ad accostare.
Mi fermo nell’ampio spiazzo e preso dalla subitanea e leggera apprensione indotta anche dal più banale dei controlli solo dopo qualche istante mi rendo conto di trovarmi a fianco di due grossi Suv.
E adesso ? se questi dichiarano venti o trenta mila euro io, con la mia utilitaria, come accidenti faccio a dimostrare un reddito inferiore al loro ?  straccio fatture…invento costi inesistenti…chiamo il commercialista… scappo in Svizzera… tutto inutile, mi scuote un secco toc toc sul finestrino: patente e libretto…mi apra per favore il bagagliaio…due ombrelli malandati, il cric, un giornale ingiallito….tutto bene, può andare, arrivederci
Che sollievo, riparto, per fortuna non sono andato in vacanza a Cortina.      
                                                                                                                          Stefano Osti 

Posta la prima pietra del nuovo stabilimento Kemet
a Pontecchio Marconi

Con una cerimonia simbolicamente importante si è dato l’avvio alla costruzione della nuova fabbrica Kemet a Pontecchio Marconi.
La cerimonia arriva dopo molti anni nei quali diverse Amministrazioni comunali di Sasso Marconi hanno saputo tenere la “barra diritta” per arrivare sino a questo punto. Sono cambiati i proprietari dell’azienda, sono cambiate le condizioni economiche internazionali, sono mutate di molto le esigenze tecnologiche, ma l’obiettivo di trasferire Kemet a Pontecchio è rimasto fermo.
Il ragionamento che ha guidato questo progetto, da almeno tre lustri, è così sintetizzabile:
1-    L’insediamento industriale che un tempo si chiamava Arcotronics, collocato in zona San Lorenzo di Sasso Marconi, era tecnologicamente superato o comunque doveva essere profondamente rinnovato con costi conseguenti molto alti. A Pontecchio Marconi vi erano ampie aree industriali dismesse (ex Grandi Lavori ecc.) e inutilizzate, quindi pronte per un nuovo impiego.
2-    L’area di San Lorenzo, a causa di scelte non oculatissime del passato, mescolava aree produttive/industriali con aree a uso abitativo. Con il trasferimento di Kemet e di altre piccole aziende in apposite aree industriali si poteva dare a San Lorenzo un’unica destinazione, quella abitativa, eliminando in buona parte i problemi che può determinare la commistione delle due destinazioni.
3-    Offrire una fabbrica nuova, tecnologicamente avanzatissima e pronta all’uso, dove trasferire l’attività produttiva e di ricerca è stata una scelta allettante per Kemet e alla fine vincente.
4-    Con tale operazione si è salvaguardata buona parte dell’attività produttiva, si sono salvati molti posti di lavoro, si è ridato un futuro industriale al Comune di Sasso Marconi.
La posa della prima pietra segna però solo il giro di boa di una storia di cui si devono scrivere ancora molte pagine. Solo tra diversi anni potremo dire se quest’operazione è stata veramente lungimirante per la comunità di Sasso Marconi, per la provincia di Bologna, per i lavoratori e per i cittadini.
L.R.

mercoledì 11 gennaio 2012


Piccoli passi verso il Partito Democratico

Costruire un nuovo partito è operazione che può risultare complessa e difficile anche quando si tratta di un partito sedimentato sul territorio. Anzi a volte la tradizione, le abitudini, gli stili di costruzione di un partito possono essere una tara enorme che impedisce la vita del partito stesso. Così il Partito Democratico di Bologna, nato solo pochi anni fa dalla confluenza prevalente di Democratici di Sinistra e D.L. La Margherita, si è dovuto far carico di tutto “l’apparato politico”che la lunga storia di P.C.I., P.D.S., D.S. aveva accumulato. Un partito pesante da tanti punti di vista, anche per quanto riguarda gli “addetti ai lavori”. Decine e decine di ex qualcosa (sindaci, assessori, consiglieri, dirigenti di questo o quello…) che chiedevano una sistemazione adeguata al ruolo che avevano rivestito. Spesso persone giovani o meno giovani, che come “datore di lavoro di origine”avevano proprio il partito e che dovevano essere “sistemate”. Il caso Lombardelli, di cui ci siamo sinteticamente occupati, è da questo punto di vista solo la piccolissima punta di un iceberg di grandi dimensioni.
Oggi i giornali riportano la notizia che il Segretario Provinciale Raffaele Donini ha dato il via a una piccola ma indicativa rivoluzione: l’abolizione del posto fisso, del contratto a tempo indeterminato per i funzionari di partito. Donini ha voluto dare il buon esempio “licenziandosi” dal partito e trasformando il proprio contratto in contratto a tempo determinato, sino cioè alla conclusione del mandato politico. Al momento pare che nessuno, dei tanti altri, abbia intenzione di seguirlo.
Il gesto ci sembra coraggioso e giusto: apparati politici tipo anni 60/70, da vecchio PCI, ci sembrano non solo anacronistici ma soprattutto deleteri per la democrazia.
Ora guarderemo cosa succederà per i tanti altri che spesso “senza arte ne parte”vivono di politica, a Bologna ma anche in provincia di Bologna, passando da un incarico all’altro o magari accumulando più incarichi contemporaneamente. Incarichi di cui spesso non c’è alcun bisogno e che gravano sulle spalle di tutti i cittadini.

                                                                                              L.R.

martedì 10 gennaio 2012


     DIALOGO SULLA SOLIDARIETA’ di Martini-Cacciari ed. Lavoro


Prendete un cardinale e un filosofo, metteteli insieme a discutere dell'uomo e ne sentirete delle belle. Se poi aggiungete il fatto che il cardinale è anche un gesuita ed è l'acivescovo di Milano, ed il filosofo  è anche sindaco di Venezia(*), non ci sono dubbi, se ne sentiranno di belle e anche di interessanti. Nasce così il libretto "dialogo sulla solidarietà" pubblicato da Edizioni Lavoro. E chi ha la pazienza di leggere le 58 paginette ha la netta sensazione di non avere sprecato del tempo. Infatti, sia nel dialogo diretto, sia nella miscellanea che lo acompagna Martini e Cacciari riescono con sapienza a  trasmettere ai lettori i contorni tangibili di un concetto tanto diffuso quanto sfumato anzi tanto più diffuso, tanto più sfumato.
E dunque cos'è la solidarietà? Perchè è necessaria e verso chi?
Martini parte dal Vangelo e ricorda la parabola del buon Samaritano.
La strada è il luogo dell'incontro, degli egoismi ma anche della prossimità vissuta, e dunque della solidarietà oltre le convenienze e oltre i ruoli.
Il Samaritano non aiuta il ferito perchè professa principi di solidarietà o uguaglianza ma perchè "ne ebbe compassione, lo guardò nel volto e ascoltò il suo cuore". Nell'uomo freme un senso di comunione, di condivisione delle pene del ferito. Un senso di condivisione che è nel fondo di ciascuno, che supera confini storici ,culturali, razziali e religiosi.
Ma secondo Martini, per capire il concetto di solidarietà, si può richiamare il passo di Matteo laddove nel giudizio finale ricorda"ciò che avete fatto o non avete fatto a uno solo dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto o non l'avete fatto a me".E' qui, secondo l'Arcivescovo, che si richiama il vasto mondo delle relazioni sociali: non si vede un volto.
"Tutto ciò potrebbe far pensare che solo nell'immediatezza di un rapporto possa essere vissuta la solidarietà", e invece la sfida è quella di mostrare che "anche l'agire faticoso e spesso frustrante di chi non riceve un riscontro immediato per la sua opera a favore di altri, abbia un senso, anzi sia d'assoluta necessità".E dunque la solidarietà è in fondo la capacità di coniugare insieme una solidarietà immediata con una mediata, anche dove il mio prossimo è distante .
L'approccio tutto "laico" di Cacciari si chiede con Woody Allen "perchè dovrei curarmi dei posteri? Cosa hanno fatto i posteri per me?".
E la risposta è che in realtà il postero è l'altro per eccellenza, l'inafferrabile, eppure mi riguarda perchè è in noi. Ogni idea di solidarietà passa da questa constatazione :"io non sono un io semplice,indiviso e individuo, in me c'è una società di individui". Io non posso ignorare l'altro perchè io sono l'altro, perchè mi sono straniero.
 Per Cacciari, in fondo è in questo rapporto di alterità la rivoluzione antropologica per considerare la solidarietà fuori dal pragmatismo:"ammettere che la condizione del nostro essere noi stessi è avere l'altro in noi". Per questo non basta una solidarietà commozione che resta un atteggiamento privatistico (in greco =idiozia). Uno dei drammi del nostro tempo è proprio l'inflazione del proprio gretto interesse privato.
"L'idiota oggi, nella sua totale mancanza di riconoscimento dell'altro e dei valori di solidarietà, minaccia di distruggere se stesso e di portare alla catastofe tutto il suo mondo. Che naturalmente è anche il nostro".

                                                                           pennino di falco
 * Il dialogo è stato ovviamente pubblicato qualche anno fa

martedì 3 gennaio 2012

Il “Giorno della Memoria” e
 il “Giorno del Ricordo”

Con la Legge n. 211 del 20 luglio 2000 il Parlamento Italiano aderì alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio giornata di commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto…
La Legge consta di due brevi articoli che riportiamo integralmente:
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto e' accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai piu' accadere.

Sin dal gennaio 2001, nel rispetto della legge, l’Amministrazione Comunale, le scuole, le Associazioni partigiane di Sasso Marconi hanno celebrato con diverse iniziative il Giorno della Memoria. L’intento di tutti era quello di onorare e ricordare le vittime della follia nazifascista.

Con altra legge, quella del 30 marzo 2004, n. 92, il Parlamento Italiano ha riconosciuto il 10 febbraio “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata.
I primi articoli della legge così recitano:
Art. 1. - La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.
2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. (…)

Negli ultimi due anni della precedente Amministrazione Comunale di Sasso Marconi, alle celebrazioni del 27 gennaio “Giorno della Memoria” furono unite quelle del 10 febbraio “Giorno del Ricordo”non soltanto per un rispetto formale di tutte le Leggi, ma perché si voleva dichiarare che dopo oltre sessant’ anni dalla fine del Secondo Conflitto bellico, dopo vent’ anni dalla caduta del Muro di Berlino, dopo la fine dell’Unione Sovietica, era venuto il tempo per conoscere tutte le piccole e grandi tragedie che hanno disseminato di sangue e terrore il territorio italiano. Si poteva insomma cominciare a fare vera ricostruzione storica dei fatti, così come sono realmente avvenuti. Rifiutando ovviamente ogni revisionismo storico, ma anche ogni tentativo di nascondere quanto era avvenuto.
Negli ultimi anni, con la nuova Amministrazione, non abbiamo visto nulla che rammentasse, celebrasse il Giorno del Ricordo. Si tratta di una dimenticanza? Oppure di una scelta voluta?



“IL PANE DI IERI”
                                    di Enzo Bianchi Ed. Einaudi                                       

E’ difficile ricordare e raccontare il proprio passato eppure Enzo Bianchi, il monaco fondatore della comunità di Bose, ci riesce.
E ci riesce evitando di trasformare il ricordo in nostalgia, che idealizza ciò che in realtà non è mai stato idilliaco, come il mondo contadino, così affascinante, così primitivo ma anche così duro.
L’autore  ci riesce partendo da quella consapevole saggezza a lui tramandata di generazione in generazione che “il pane di ieri è buono domani” (el pan ed sèira l’è bon adman).
Nel libro si percepisce la convinzione che in fondo il nutrimento solido che ci viene dal passato è buono anche per il futuro e che i principi sostanziali che hanno alimentato l’esistenza di chi ci ha preceduto sono in grado di sostenere anche noi oggi.
Per questo il monaco di Monferrato alle soglie della vecchiaia ha ritenuto opportuno rivisitare il suo passato cogliendo in esso delle chiavi di lettura per il presente ed il futuro.
Un libro più raccontato che scritto, filtrato da rapporti concreti, di relazioni, di amicizie.
Un tentativo di ritrovare le voci antiche che scandivano lo scorrere del tempo, dal canto del gallo al rintocco delle campane, suoni quotidiani destinati a tutti. Voci, suoni ma anche odori.
Odori di terra e odori di cibo in cui la tavola è centrale in quell’incanto costante fra natura e cultura, dove anche la “bagna cauda” diviene un rito di scambio e un arricchimento di conoscenza ecumenico perché nulla è in sé e per sé ma tutto deriva e continua in altro. In altro sapore, in altro umore, in altra terra.
Un libro con tante storie, tanti personaggi e sconfinato amore per la terra; una terra madre, generosa di fedi, di comunità, di ospitalità.
Un libro prezioso, che a partire dalle antiche tradizioni contadine insinua un pensiero lungo sulle cose della vita e della morte.
Un libro che in un tempo in cui il pensiero è sempre meno presente, è già in sé una sfida.

pennino di falco