LA PATRIA BENE O MALE di Fruttero e Gramellini ed. Mondadori
Il 17 marzo 1861 la Gazzetta Ufficiale certifica che Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia. Mancano Roma e Venezia ma pazienza. Alle elezioni votano 240.000 maschi (l’1% degli italiani) che pagano almeno 40 lire di imposte. Cavour prende 640 voti. La Destra è compatta, la Sinistra divisa (ohibò!). I democratici scrivono le pagine più romantiche, i moderati incassano i diritti d’autore.
Un mese dopo, Garibaldi rivolto a Cavour esclama “domando se come uomo potrò mai stringere la mano a colui che mi ha reso straniero in Italia” (Nizza è stata ceduta alla Francia). Dal canto suo lo statista Piemontese pare che sussurri “meno male che abbiamo fatto l’Italia prima di conoscerla”.
Qualche anno dopo Carmine Crocco si trasforma nel Bravehearth lucano, tradito per una questione di donne (già!?) dal suo braccio destro.
Il 21 settembre 1864 capitale diventa Firenze facendo imbestialire i monsù travet torinesi.
Il generale Persano più abile nelle chiacchiere che col timone riesce nell’impresa di perdere la battaglia navale di Lissa facendo esclamare al nemico “uomini di ferro su navi di legno hanno battuto uomini di legno su navi da ferro”. Garibaldi dopo avere gridato “O Roma o morte”, è sconfitto dai francesi e non avrà né Roma né morte.
Il 2 luglio 1871 Vittorio Emanuele II entra trionfalmente a Roma. PioIX scomunica il tutto e Bismark offre la sede al papa a Berlino perché, spiega “quando i cattolici tedeschi lo conosceranno, si convertiranno in massa al protestantesimo”.
Il 18 marzo 1876 cade l’ultimo governo della Destra, arriverà dopo poco il populismo autoritario di Crispi che farà dire a Gaetano Salvemini “i sinistri mangiarono più che poterono. I destri avevano mangiato anch’essi e appaiono onesti perché non dovettero sbalzare nessuno dal posto occupato, ma i sinistri, va resa loro questa lode, mangiarono molto di più”.
Sono questi alcuni spunti di un gradevole libro per i 150 anni del nostro Paese. Fruttero e Gramellini si alternano centocinquanta giorni per raccontare giornalisticamente le tappe “bene o male” della nostra storia. Per chi non è avvezzo ai dotti studi, questo testo è impagabile: aiuta, con leggerezza ma non con superficialità, a ricostruire un quadro di insieme prezioso attraverso personaggi ed episodi che hanno segnato le nostre radici. Tra il serio e il faceto i due scrittori giornalisti spaziano da Depretis a Turati, da Giolitti a Mussolini, unendo personaggi e storie di costume; dal furto della gioconda al futurismo, dallo smemorato di Collegno al transatlantico Rex (reso celebre da Fellini), dalla resistenza alla liberazione, dal K 2 alle Olimpiadi del 1960, dallo stragismo alle brigate rosse, fino alla cronaca dei giorni nostri, quando concludendo gli autori constatano con qualche amarezza che i vecchi partiti “DC e PCI, spingevano il pubblico al liceo, Berlusconi lo trattiene nel paese dei balocchi. Non si hanno notizie della fata turchina”. Anche se, aggiungiamo noi i grilli parlanti sono invece assai numerosi.
Pennino di Falco
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