RISPETTO DELLE REGOLE E
RISPETTO DEI CITTADINI
Le primarie furono scelte per riavvicinare il cittadino/elettore alla politica. Riavvicinare elettori ed eletti, questo è il tema che dovrebbe nutrire le primarie: ridare voce al rappresentato, metterlo in condizione di poter scegliere da chi essere rappresentato.
Al tempo stesso le primarie, la diffusa voglia di primarie, palesano una sfiducia sempre ricorrente verso i partiti, e sulla loro effettiva capacità di rappresentare l’interesse generale e non solo quello particolare. Sarà forse per questo, o almeno anche per questo, che nel tempo in cui la fiducia nei partiti è prossima allo zero, prolificano a tutto campo discussioni sulle elezioni primarie. Tutti ne parlano (almeno nei più importanti partiti), tutti pensano alle primarie addomesticate per il fine immediato che questo o quel partito, questo o quel gruppo, questa o quella corrente, vuole perseguire. Non si parla di primarie ovviamente nelle piccole monarchie familistiche: ad esempio nel Movimento Cinque Stelle, nel quale vi può essere un solo padre-padrone; non se ne parla nell’Italia dei Valori, dove il Capo non ama essere messo in discussione e i possibili competitori sono stati spediti a fare i sindaci; non se ne parla, se non marginalmente, nella Lega, dove l’unica strada percorribile sembra essere quella di una successione nepotistica, dalla famiglia Bossi ai “barbari sognanti”.
Anche nel partito che ha messo le primarie nel suo statuto, nel suo atto costitutivo, non si riesce a trovare una formula soddisfacente (e possibilmente sempre la stessa) per effettuarle.
Cerchiamo di ripercorrere con la memoria come si realizzarono le ultime elezioni primarie all’interno del Partito Democratico.
Si svolsero domenica 25 ottobre 2009, per individuare il segretario nazionale, i segretari regionali e i membri dell'assemblea nazionale e delle assemblee regionali del Partito Democratico.
Possiamo dire elezioni a tutto campo, un vero e proprio congresso di partito per rinnovare tutte le cariche, tutte le rappresentanze sulla base dei programmi e delle strategie individuate.
Dopo alcune esitazioni iniziali, i principali candidati che si confrontarono furono tre: Pier Luigi Bersani; Dario Franceschini (che era anche il Segretario Pd) e Ignazio Marino. Tre candidati con profili personali, programmi, culture politiche tra loro molto diverse. Era proprio questo “il sale” di quelle primarie: progetti, programmi, dirigenze diverse che si confrontano.
Non possiamo però dimenticare i tanti che ci provarono, tra questi Beppe Grillo (sì, proprio lui). Il partito respinse la sua candidatura, ritenendola inopportuna e provocatoria, e non accettò la sua iscrizione al Partito Democratico considerandola non valida. Dopo tre anni verrebbe da dire che chi di primarie colpisce…
Quelle elezioni furono, a tutti gli effetti, un vero Congresso: la Direzione Nazionale del partito fissò la "convenzione" (secondo lo statuto del partito) all'11 ottobre 2009 e le nuove elezioni primarie per il 25 ottobre.
Insomma primarie vere per definire un partito nuovo: nei programmi, nel gruppo dirigente, nelle strategie.
Così sembra che in autunno, dopo tre anni (che con la politica dei nostri tempi sembrano un’era geologica), saranno riconvocate le elezioni primarie. Almeno così sembra. Per fare cosa? Per scegliere cosa? Per rinnovare tutte le cariche all’interno del PD, a livello nazionale e regionale, come avvenne con le ultime primarie? Saranno primarie del PD, quindi con diversi candidati del partito? Oppure saranno di coalizione, ma con più candidati del PD? Saranno aperte a tutti i cittadini e gestite con albi elettorali pubblici o saranno celebrate nei claustri di partito?
Tante domande e una sola certezza: le regole delle primarie non possono, ancora una volta, essere adattate agli interessi di questo o di quello e mutare a ogni frangente.
l.r.
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