Pubblichiamo alcune riflessioni sul "travaglio" del Partito Democratico
Quale Partito Democratico?
giovedì 28 giugno 2012
mercoledì 27 giugno 2012
Cosa è cambiato ?
Nell'inserto domenicale de il Sole 24 ore Roberto Napoletano discorrendo
degli spaghetti al caviale di Lusi, tesoriere dell’ex Margherita, ci riporta per contrasto al 1956 quando Dozza e Dossetti si contesero la guida del Comune di Bologna e a un articolo di Montanelli che raccoglieva una confidenza di Dozza: “Vede, i bolognesi si dividono in due categorie:
quelli che sperano che Dossetti sia un santo e quelli che temono che lo sia davvero. I primi voteranno per lui, ma sono pochi. I secondi voteranno per me. I santi promettono solo diete e penitenze. E a Bologna sa…”
Per capire dove è arrivata oggi la degenerazione della politica - conclude l’editorialista – pensate che siamo partiti da una stagione in cui lo scontro era tra una figura ascetica e dai modi monacali come Dossetti e un sindaco comunista certo meno frugale ma lontanissimo da qualsiasi lusso.
Mi permetto di aggiungere una domanda: cosa è cambiato non solo nella politica, ma in Italia se da Dozza e Dossetti siamo arrivati a Lusi, Penati e Formigoni ?
s.o.
martedì 26 giugno 2012
Cena di solidarietà per le popolazioni colpite dal sisma
Venerdi 6 luglio ore 20.30
Taverna del Castoro - Via Don Giulio Selmi,9 presso Villa Pallavicini (Bologna)
Saranno presenti:
Anna Teresa Vergnana ( Sindaco di Galliera)
Gianluca Benamati ( Deputato)
Costo della cena: 15€ più offerta libera.
Si prega di confermare a: 3497566038 ( Luigi Tosiani)
ass.progettodomani@gmail.com
sabato 23 giugno 2012
RISPETTO DELLE REGOLE E
RISPETTO DEI CITTADINI
Le primarie furono scelte per riavvicinare il cittadino/elettore alla politica. Riavvicinare elettori ed eletti, questo è il tema che dovrebbe nutrire le primarie: ridare voce al rappresentato, metterlo in condizione di poter scegliere da chi essere rappresentato.
Al tempo stesso le primarie, la diffusa voglia di primarie, palesano una sfiducia sempre ricorrente verso i partiti, e sulla loro effettiva capacità di rappresentare l’interesse generale e non solo quello particolare. Sarà forse per questo, o almeno anche per questo, che nel tempo in cui la fiducia nei partiti è prossima allo zero, prolificano a tutto campo discussioni sulle elezioni primarie. Tutti ne parlano (almeno nei più importanti partiti), tutti pensano alle primarie addomesticate per il fine immediato che questo o quel partito, questo o quel gruppo, questa o quella corrente, vuole perseguire. Non si parla di primarie ovviamente nelle piccole monarchie familistiche: ad esempio nel Movimento Cinque Stelle, nel quale vi può essere un solo padre-padrone; non se ne parla nell’Italia dei Valori, dove il Capo non ama essere messo in discussione e i possibili competitori sono stati spediti a fare i sindaci; non se ne parla, se non marginalmente, nella Lega, dove l’unica strada percorribile sembra essere quella di una successione nepotistica, dalla famiglia Bossi ai “barbari sognanti”.
Anche nel partito che ha messo le primarie nel suo statuto, nel suo atto costitutivo, non si riesce a trovare una formula soddisfacente (e possibilmente sempre la stessa) per effettuarle.
Cerchiamo di ripercorrere con la memoria come si realizzarono le ultime elezioni primarie all’interno del Partito Democratico.
Si svolsero domenica 25 ottobre 2009, per individuare il segretario nazionale, i segretari regionali e i membri dell'assemblea nazionale e delle assemblee regionali del Partito Democratico.
Possiamo dire elezioni a tutto campo, un vero e proprio congresso di partito per rinnovare tutte le cariche, tutte le rappresentanze sulla base dei programmi e delle strategie individuate.
Dopo alcune esitazioni iniziali, i principali candidati che si confrontarono furono tre: Pier Luigi Bersani; Dario Franceschini (che era anche il Segretario Pd) e Ignazio Marino. Tre candidati con profili personali, programmi, culture politiche tra loro molto diverse. Era proprio questo “il sale” di quelle primarie: progetti, programmi, dirigenze diverse che si confrontano.
Non possiamo però dimenticare i tanti che ci provarono, tra questi Beppe Grillo (sì, proprio lui). Il partito respinse la sua candidatura, ritenendola inopportuna e provocatoria, e non accettò la sua iscrizione al Partito Democratico considerandola non valida. Dopo tre anni verrebbe da dire che chi di primarie colpisce…
Quelle elezioni furono, a tutti gli effetti, un vero Congresso: la Direzione Nazionale del partito fissò la "convenzione" (secondo lo statuto del partito) all'11 ottobre 2009 e le nuove elezioni primarie per il 25 ottobre.
Insomma primarie vere per definire un partito nuovo: nei programmi, nel gruppo dirigente, nelle strategie.
Così sembra che in autunno, dopo tre anni (che con la politica dei nostri tempi sembrano un’era geologica), saranno riconvocate le elezioni primarie. Almeno così sembra. Per fare cosa? Per scegliere cosa? Per rinnovare tutte le cariche all’interno del PD, a livello nazionale e regionale, come avvenne con le ultime primarie? Saranno primarie del PD, quindi con diversi candidati del partito? Oppure saranno di coalizione, ma con più candidati del PD? Saranno aperte a tutti i cittadini e gestite con albi elettorali pubblici o saranno celebrate nei claustri di partito?
Tante domande e una sola certezza: le regole delle primarie non possono, ancora una volta, essere adattate agli interessi di questo o di quello e mutare a ogni frangente.
l.r.
martedì 19 giugno 2012
PRIMARIE E LEGGE ELETTORALE. "UNA PRIORITA’ PER DIFENDERE LA DEMOCRAZIA"
Intervista a Gianluca Benamati
Roma, 18.06.2012 – “Un sì deciso alle primarie per la formazione delle liste di candidati alle elezioni politiche“. È questa la posizione che Gianluca Benamati, deputato bolognese del Partito Democratico, prende all’indomani delle dichiarazioni del segretario regionale dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini sul tema primarie nel PD anche per i candidati alle Politiche.
“La proposta di Stefano Bonaccini accolta dalla Direzione di far svolgere primarie per i parlamantari, in presenza di questa legge, mi trova totalmente d'accordo – commenta Benamati –. Il cosiddeto "porcellum" ha il torto di sommare in sé due tra i punti più odiosi ed inaccettabili per una democrazia: lo sproporzionato premio in seggi concesso alla migliore delle coalizioni e, soprattutto, l'impossibilita' per il cittadino di scegliere i propri rappresentanti”.
“Sia chiaro – prosegue –: da qui al 2013 ci sono i tempi e si devono creare le condizioni perché il "Porcellum" sia superato. Ma, se si dovesse andare a votare con questa legge, il PD può e deve attivare un percorso di primarie per scegliere i parlamentari. Il tema in questo caso diventa estremamente semplice. Primarie di circoscrizione con liste pubbliche e registrazione dei partecipanti con successiva pubblicazione. Per evitare ogni forma di contaminazione, infatti, è essenziale che l'albo degli elettori del PD sia controllato con accuratezza e i nominativi resi pubblici”.
Per quanto riguarda il perimetro elettorale su cui svolgere le primarie, la via per il Deputato PD è semplice: coinvolgere la totalità dei votanti che in seguito eleggeranno il parlamentare alle elezioni politiche. “Come avviene per l’elezione di sindaco, presidente di provincia e presidente del consiglio, in cui è coinvolto l’intero bacino elettorale che deve esprimerlo, così anche per i parlamentari la base elettorale è quella prevista dalla legge: la circoscrizione. Un parlamentare risponde a tutti i suoi elettori, così come sono definiti della legge e previsti dal suo mandato”.
Ipotesi di segmentazione - provinciale, comunale o di collegio (per altro oggi inesistente) – possono a parere di Benamati forse rispondere agli interessi di qualche gruppo, o possono costituire uno dei molti modi per garantire una distribuzione dei parlamentari sul territorio “ma certamente contraddicono lo spirito delle primarie – sottolinea in conclusione –. È bene essere chiari: la priorità è e resta il cambiamento della legge elettorale. Il Partito Democratico ha dato ampia disponibilità in tal senso. Nel frattempo, le primarie, con lo spirito di sottoporre i potenziali candidati al loro elettorato, sono l'ultima risorsa per migliorare un sistema inaccettabile”.
Nell'ipotesi che grandi modifiche non trovino il consenso parlamentare necessario, infine, Benamati innesta una piccola ma rivoluzionaria soluzione: introdurre la preferenza, singola e diretta al posto delle liste bloccate. “Un piccolo gesto – dice – ma una grande rivoluzione democratica che riavvicinerebbe subito i cittadini alla politica. La domanda vera è: chi ha paura della democrazia nella scelta dei parlamentari?”
martedì 12 giugno 2012
Pubblichiamo un’intervista a Giuseppe Fioroni comparsa su Avvenire di oggi
12 giugno 2012
INTERVISTA
Fioroni: «Altre le priorità, il segretario rifletta
O alle primarie potrei correre anch'io»
«I voti moderati e cattolici saranno decisivi e nessuno può pensare di farne a meno. Nessuno può pensare di alzare steccati. Né politici, né programmatici...». Giuseppe Fioroni si ferma una manciata di secondi. Poi riprende a ragionare partendo dal passato per arrivare al futuro. «Alle amministrative abbiamo vinto. Ma senza strappare un voto ai nostri avversari. Insomma i delusi dal Pdl non hanno votato Pd. E ora, in vista delle prossime elezioni politiche, dobbiamo costruire una coalizione di governo che si regga su due aree: quella riformista e quella moderata. Ma per riuscire serve lungimiranza e responsabilità».
Bersani non l’aiuta mettendo al centro del dibattito coppie gay e testamento biologico.
Tutti dovrebbero cogliere i drammi legati a questo momento così complicato. Le persone che incontro non mi chiedono di coppie gay e di testamento biologico... Vogliono sapere di fisco e di esodati, di occupazione e di misure per la crescita.
Insisto, Bersani...
Non insista, non ci sto a mettere sotto accusa il segretario. Sono ore complicate e serve responsabilità e unità; non scontri e contrapposizioni. Soprattutto su questioni che non sono da tessera di partito, ma interpellano la nostra coscienza e sulle quali – le assicuro – non ci saranno blitz. Io ho sempre avuto una posizione chiara e continuerò ad averla. Ho sempre detto i miei "sì" e i miei "no" e continuerò a farlo. Senza timore di essere messo alla porta e consapevole di non essere solo.
Ma alle primarie chi non è d’accordo sulle coppie gay chi sostiene? Chi vota?
C’è un’area vasta nel Pd pronta a dire no a derive eutanasiche e coppie gay. Un’area vasta, decisa a costruire una coalizione di governo nuova, capace di individuare ed imporre nel dibattito e nel programma le priorità vere. Tutto il resto rischia di creare confusione, di disorientare, di indebolire un progetto politico vitale per il Paese.
Quali sono le priorità vere?
La crisi occupazionale, le famiglie che faticano a sopravvivere e che non hanno risposte adeguate, i deboli senza punti di riferimento forti.
Insisto ancora: chi vuole questo e non eventuali dibattiti su coppie gay chi vota alle primarie?
Io mi aspetto primarie di programma. Di contenuti. E mi auguro che i grandi temi possano essere raccolti da Bersani. Che sia lui a declinare lavoro, crescita, giovani e famiglia. Lui a gettare la basi per un patto di governo riformisti-moderati. Perché se non c’è lui, ci dovrà essere qualcun altro capace di metterli in agenda.
Si sta candidando?
Ripeto: non si tratta solo di scegliere il leader, ma di fissare programmi e contenuti. E se Bersani dovesse dimenticare le priorità, sarei costretto a riflettere e, magari, a muovermi. Perché per il bene del Pd e di una idea di coalizione a cui non rinuncio vanno fissati dei punti chiave che domani nessuno potrà mettere in discussione.
Patto chiuso nell’area riformista?
No, c’è bisogno di riordinare, di fissare punti di intesa chiari. Con le tante esperienze civiche che si riconoscono alternative al centrodestra ma non sono nei partiti. E anche con Idv e Sel. Vede, serve cultura di governo. Servono soggetti capaci di assumersi la responsabilità di scelte. Anche rigorose. Chi sta nell’area riformatrice deve avere senso delle Istituzioni, non può insultare il capo dello Stato. E deve avere responsabile consapevolezza delle cose che vanno fatte. Lo dico rovesciando un’immagine antica: non si può essere di lotta e di governo. Lo dico a Di Pietro. Ma anche a quella parte di Sel che ha come cultura il "no" a ogni riforma, a ogni innovazione. Vendola ha senso di governo, ma la Fiom di Landini no e i centri sociali nemmeno. Hanno la cultura dell’antagonismo che non si sposa con quella dell’area riformista.
Il Pd corteggia l’Udc, e Bersani ha spiazzato tutti...
So che l’Udc vuol costruire un’area moderata vasta. E mi pare che sul testamento biologico e sulle coppie gay abbia sempre detto con chiarezza come la pensa. Sono fatti. Ed è sui fatti che si costruiscono le coalizioni di governo. I «valori non negoziabili» sono ovviamente affidati alle coscienze, ma partiti e schieramenti devono potersi caratterizzare per una condivisa visione dell’uomo e della società.
Arturo Celletti
© riproduzione riservata
lunedì 11 giugno 2012
mercoledì 6 giugno 2012
Un fantasma si aggira per l’Italia
La politica italiana sembra conoscere uno dei momenti di
maggiore incertezza degli ultimi decenni. Crollano partiti di governo, si
ridisegnano scenari inimmaginabili solo pochi mesi fa, tutto sembra in
movimento.
L’unico, inaspettato, indiscusso, temuto vincitore delle
recenti elezioni amministrative è certamente il padre-padrone del Movimento
Cinque Stelle, il comico Beppe Grillo.
Se vogliamo capire qualcosa di quello che bolle nella pancia
degli italiani, da Beppe Grillo bisogna partire. Non è la malattia che
attanaglia il nostro sistema politico, ma certamente ne è un sintomo, la febbre
che ci dice che qualcosa di profondo non funziona.
Bisogna conoscere l’avversario politico, non serve a nulla esecrare,
stigmatizzare, sbeffeggiare. Già in tanti hanno provato a demonizzarlo, a
trovare le sue mille incoerenze, ad accusarlo di populismo, demagogia ecc., con
l’unico risultato di dargli un’enorme popolarità.
Sarebbe certamente più utile capire cosa dice Beppe Grillo,
dividendo il populismo da ciò che forse, per il sentire comune, ha qualche obiettivo
fondamento.
In questa lunga intervista a Antonio Stella, Grillo si
racconta e dice tante cose che dovrebbero far riflettere il nostro sistema
politico.
Gian Antonio Stella intervista Beppe Grillo su SETTE de “Il Corriere della Sera”
31 maggio 2012 (modifica il 1 giugno 2012)
BEPPE GRILLO SPIEGA LA SUA NUOVA
STRATEGIA
«Voglio processi pubblici per i
politici»
Il comico leader dei 5 Stelle:
«Il vuoto negli altri Paesi si riempie di camicie brune, io invece porto in
politica i boyscout, ragazzi puliti e perbene»
Bum! Certi sondaggi vi danno al
23 o 24%. Ma sono impazziti, gli italiani?
«Eh eh. Erano tutti convinti che noi
fossimo un pulviscolo al 2 o 3%. Ma noi vogliamo arrivare al 100%».
Sì, ciao.
«Cento per cento. Perché non è
una questione di partito, di avere più voti per il partito. Noi vogliamo che
cambi la società intera. Vogliamo una rivoluzione culturale. Sento delle
discussioni ridicole».
Esempio?
«Non si sono accorti di cosa sta
succedendo. È una iper-democrazia di cui sapremo qualcosa di più fra quattro o
cinque anni».
Come la vede?
«Probabilmente saremo l’unica
opposizione a un governo con dentro tutti. Banchieri, finanzieri,
Confindustria, vecchi partiti, Montezemolo. Chi lo sa? Noi abbiamo una visione
completamente diversa dal Pdl e dal Pd meno elle. Loro sono diventati polvere.
Eravamo in progressione leggera. Leggera. E questa accelerazione la dobbiamo a
loro. Perché oltre a essere dei mentecatti sono anche dei dilettanti della
comunicazione. Evidentemente la gente si è stufata di andare dietro a questi
dilettanti allo sbaraglio. Ci hanno spalancato la strada i loro tesorieri».
A proposito, qual è il vostro?
«Non abbiamo tesorieri. Perché
non abbiamo il tesoro».
Lo avrete, all’ingresso in Parlamento.
«Questo lo dicono loro. Pensano:
faranno come tutti, dicono una cosa fin che stanno fuori poi appena dentro
vedrai che saranno uguali. Ragionano come i ladri. Pensano che, un po’ più un
po’ meno, tutti siano ladri. Non hanno capito che noi non prenderemo un
centesimo».
Lei cosa si aspettava, ragionevolmente, da queste elezioni?
«Qualche bel risultato qua e là.
E in effetti abbiamo avuto qualche bel risultato qua e là. È il crollo degli
altri che ci ha agevolato. Questa è stata la vera sorpresa. Noi ci siamo
limitati a fare entrare un sacco di ragazzi giovani e puliti. Che hanno dietro
i più bravi consulenti della rete. Fiscalisti, urbanisti, geologi, esperti di
bilanci. Tutta gente che si mette a disposizione gratuitamente. Con un
entusiasmo che gli altri se lo sognano. Questo volontariato dei cittadini,
questo spirito civico, è meraviglioso. È un nuovo modo di vedere il mondo. Ogni
persona darà un po’ del suo tempo agli altri. Quello che ho fatto anch’io.
Ognuno fa il suo mestiere. E insieme dedica del tempo agli altri. E così
andiamo a ricostruirci una identità. Non abbiamo più una identità. Ci hanno
fatto venire i sensi di colpa. Ma che cazzo di senso di colpa, mica l’abbiamo
fatto noi, il debito pubblico! È esploso per colpa di opere costate tre o
quattro volte più che dalle altre parti. Occorre scrollarsi di dosso il senso
di colpa e cominciare a parlare con altre parole. È il pensiero che non c’è
più. Le percentuali! Anche lei, la prima domanda, le percentuali. Chi ci sarà
al governo. Chi ci sarà in Parlamento. Non so chi sarà in Parlamento. Non so se
ci saremo. Probabilmente ci saremo, ma non so. Qui cambia tutto. Noi cambiamo
tutto. A Parma facciamo saltare un inceneritore da 300 milioni».
E come ve la cavate, per esempio, con gli impegni già presi? Già
Pizzarotti è sembrato meno tranchant.
«Lui, ovviamente, è dentro. Ci
sono penali. Contratti da andare a vedere. Vedremo. Cercheremo una soluzione,
come abbiamo fatto a Genova col Parco dell’Acquasola, dove era prevista la
costruzione di un parcheggio su tre piani per 450 posti auto. C’erano già i contratti
e tutto. I cittadini si sono mossi, il progetto è stato bloccato e le società
coinvolte hanno avuto altri lavori per un pari importo. Si cercherà di fare
così anche a Parma. Adesso non so quali lavori si possono fare per
riconvertire. So che lì il processo è già avanti. Vedremo. Ce lo diranno gli
specialisti. Noi non vogliamo danneggiare le aziende. Ma dove entriamo noi il
business dell’inceneritore finisce. Punto. Questo è un dato di fatto. Non ci
sono “forse, chissà, vediamo”. Finisce l’incenerimento e comincia la raccolta
differenziata. Il recupero. Il riciclaggio. Un sistema diverso di affrontare le
cose. Occorre costruire in modo diverso. Vivere in modo diverso».
Mah.
«Sogniamo un mondo che non c’è
ancora. I posti di lavoro li troveremo nella rete, nelle rinnovabili, nelle
case passive, nel fare le coibentazioni, nelle pompe di calore, nei pannelli
solari. Piccoli centri invece che megastrutture».
Vivete sulla luna, dicono.
«Senta, due anni fa abbiamo fatto
una battaglia alla morte (alla morte!) con il sindaco di Finale Emilia che mi
aveva scritto una lettera dicendomi: “Vogliono stoccare 3 miliardi e mezzo di
metri cubi di gas metano in una cavità a due chilometri e mezzo di profondità».
Finale Emilia, dove c’è stato il terremoto?
«Esatto. Lì. Volevano stoccare
tutto quel gas per comprarlo d’estate quando costa meno e poi distribuirlo in
inverno. Io pubblico la lettera nella homepage del blog e dopo tre giorni mi
chiama il sindaco: “Tolga la lettera, per carità, tolga la lettera perché il Pd
mi ha piantato un casino, mi sta massacrando”. Gli dico: “Senta, o lei fa il
sindaco o lei fa il pidiino. Io non tolgo niente”. Abbiamo organizzato delle
manifestazioni, delle fiaccolate per bloccare questo stoccaggio voluto da
Scajola che bypassava tutti gli enti locali. Mi dica lei: se lo avessero fatto?
Cosa sarebbe successo se lo avessero fatto, col terremoto?».
Guardi che hanno deciso comunque di studiare la cosa, anche dopo il
terremoto.
«È pazzesco. Non ho parole.
Questa è gente che va mandata a casa. Subito. È gente che non ha la minima
percezione di come questo Paese vada rilanciato in un altro modo. Tu fai questi
discorsi e loro non ti stanno neanche a sentire. Leggiamo certe cose...».
Le dà fastidio l’accusa di essere un populista?
«Populista? Detta da loro è un
complimento».
Qualunquista?
«Ma noi non c’entriamo niente con
l’uomo qualunque. Non siamo passatisti. Noi vogliamo andare avanti, cambiare».
Per lei i politici non sono tutti uguali?
«Per niente. I partiti sì, sono
tutti uguali. Come strutture. Gli uomini no. Ci sono anche tante persone
perbene. Solo che dentro quei meccanismi. Guardi le reazioni contro di noi».
Con chi ce l’ha?
«Beh, adesso cercano di far
passare questa strana cosa per cui io sono volgare e i ragazzi del movimento
raffinati. Ti fa venire voglia (lo dico per scherzo, sa? è una provocazione) di
fare un corso di volgarità. Stanno cercando di dividerci. Di staccare me dal
movimento e il movimento da me. È un gioco sporco. E poi, questa storia dei
“grillini”!».
Cosa c’è che non va?
«Ma perché li dovete chiamare
grillini?».
Forse perché chiamarli movimentisticinquestellini è una litania.
«Ho capito, ma perché grillini?
Non sono mica miei. Sono ragazzi formidabili. Sono persone. Gente che ci mette
la faccia. Perché grillini?».
Trovi lei dei sinonimi.
«Cittadini. Citizens. Cittadini.
Combattenti con l’elmetto. Altro che grillini».
Forza, un sinonimo.
«Io non devo trovare niente. Mi
dà fastidio il disprezzo che c’è nel chiamarli grillini. Mi dà fastidio il modo
in cui certi giornalisti che sono già morti tentano di infinocchiarli. Di
spiegare che io sono un guru volgare e loro bravi ragazzi educati e perbenino.
Forse sono perfino troppo educati, con certi giornalisti. Ma impareranno,
impareranno».
Qual è il suo rapporto con la volgarità?
«Io sono volgare da trent’anni,
allora. È il “vaffanculo day” che non hanno digerito. Ma vaffanculo non è più
volgare. Lo dice la Cassazione».
La Cassazione?
«La Cassazione ha depenalizzato
il “vaffanculo”. Non è un’offesa. Potrei dire che è un consiglio turistico e
culturale. Ma certo non è un’offesa. Non è perseguibile penalmente chi manda
qualcuno “affanculo”. Lo dice la Cassazione. Il nostro vaffanculo era
liberatorio, allegro».
Non c’è solo quello, via. In piazza, ridendo di queste accuse lei fa la
scenetta di urlare apposta: “Cazzo cazzo cazzo cazzo culo culo culo culo”.
«Ma quello è teatro. Teatro! E
poi, scusi, l’ha mai vista una seduta parlamentare? Risse, parolacce, cappi,
lanci di mortadelle. Io sono un gentleman, in confronto».
Esagerato.
«Dico sul serio: sono un
gentleman in confronto a tanti politici che in questi anni ne hanno dette di
tutti i colori. Mi fa ridere che accusino me. E la gente lo sa. Io sono un
Lord, in confronto. Sono Lord Brummell. E poi io non sono volgare, nella mia
vita. È che la parola a volte deve essere forte, per esprimere un concetto».
Appunto, non può negare.
«Ma certo che le dico, in due ore
di spettacolo posso dirne per 30 o 40 secondi. Ma vogliono vedere solo quelle
perché si rifiutano di sentire cosa dico. In una piazza aperta, per arrivare
alla gente, in fondo, devi gridare. È la mia caratteristica: il finto iroso, il
finto arrabbiato. Arrivo al culmine della rabbia e poi sdrammatizzo con una
battuta».
Vuol dire che nei comizi recita?
«Assolutamente sì. Capiamoci: la
rabbia c’è, l’indignazione c’è, ma sono sempre controllate. È un po’ di scena,
anche. E il mio lavoro. Da quarant’anni. Ovvio. Quando urlo: “Italiani!”, la
gente ride. Non sono mica Mussolini, belin. È solo Scalfari che non capisce.
Dice: “Quando sento Grillo dire: ‘Italiani!’, sento un brivido lungo la schiena
e mi ricordo dei tempi bui”. Ma è solo lui a preoccuparsi. La gente ride. La
verità è che dovrebbero ringraziarci».
Cioè?
«Stiamo riempiendo un vuoto con
dei cittadini incensurati, entusiasti e pieni di buona volontà. Vuoto che negli
altri Paesi stanno riempiendo gli estremisti. Guardi in Grecia, quei nazisti di
“Alba dorata” o pioggia dorata, come diavolo si chiamano. Guardi in Ungheria.
Guardi la Marine Le Pen in Francia. Guardi tutte le altre parti. Quando c’è un
vuoto di potere crescono gli “Eia eia alalà!”. Noi non siamo quella roba là.
Siamo un movimento di cittadini che vuol fare politica in maniera diversa.
Negli altri Paesi il vuoto viene riempito dalle camicie brune, noi portiamo in
politica i boyscout. Ragazzi perbene. Laureati. Incensurati. Colti. Curiosi».
Insomma, secondo lei dovrebbero farvi un monumento.
«Siamo l’ultima chance per
l’Italia. Lo dico serenamente. L’ultima chance per la democrazia. Poi c’è solo
l’uomo della provvidenza. Non possono dire a me che sono Goebbels. Mi hanno
dato del nazi-comunista. Ma vai a spasso! Non hanno neanche la fantasia di dire
qualcosa di diverso. Ma lo sanno tutti che cosa sono io. Sono trent’anni che
dico la stessa cosa. Monotonamente. Sempre la stessa cosa. L’ambiente. La
differenziata. I pannelli solari. Le macchine a idrogeno. Il risparmio
energetico. Sono anni che faccio politica così. Cosa c’entra l’anti-politica?».
Le dà fastidio l’accusa?
«Ma no, onestamente, è così
insensata che non vuole dire niente. Tutto è politica. Cosa mangi. Come ti
sposti. Come fai la spesa. Cosa vuol dire “anti-politica”? Come posso
offendermi per un’accusa che non vuol dir niente? Io non sono anti-politico,
sono contro i partiti».
Scusi, Grillo, ma in nessun Paese al mondo c’è mai stata una democrazia
senza i partiti. Poi questi possono essere virtuosi o fare schifo, ma una
democrazia senza partiti...
«Ma secondo lei perché ci sono
tutti i giornalisti del mondo qua? Perché stanno capendo che ci può essere
un’altra forma di democrazia. Ormai il mondo occidentale...».
Insisto: una democrazia senza partiti?
«Ormai la corruzione è arrivata
da tutte le parti. Quando c’è un partito si instaura la corruzione. Noi siamo i
principi della corruzione. Abbiamo esportato il fascismo, abbiamo esportato la
mafia, abbiamo esportato il Bunga-Bunga, siamo i portatori sani o insani di
cose tremende. Gli altri Stati non hanno neanche gli anticorpi contro i nostri
virus. Noi vogliamo una cosa nuova. Una iper-democrazia senza i partiti. Che
non contempla i partiti. Una democrazia con al centro i cittadini. Che votano».
Resta il fatto che alla fine voi entrate in un consiglio comunale,
prendiamo a esempio Parma, e lì ci sarà un partito che sta con Pizzarotti e gli
altri che saranno contro. Che li chiami partiti o non li chiami.
«Ma non vuol dire niente. Quando
ci sono le idee giuste non c’è destra o sinistra. Ti seguono. A Treviso un
consigliere solo, a 500 euro al mese, ha fatto delle cose fantastiche. E tutti
gli sono andati dietro. Il piano della mobilità. La riattivazione della
centrale elettrica di un fiume sotterraneo. La raccolta differenziata totale in
90 scuole. Il risparmio energetico. Tutti i mezzi pubblici a metano. Se tu porti
delle idee giuste non c’è più destra e sinistra».
Ma da che mondo è mondo la democrazia è sempre stata confronto fra
cittadini che stanno da una parte e cittadini che stanno dall’altra,
raggruppati in partiti.
«No, no, no: questa cosa qua è
implosa. Non c’è più. Non è questa la democrazia che abbiamo avuto in Italia.
Abbiamo delegato dei truffatori che dovranno rispondere di quello che hanno
rubato. Cosa pensano, di andare negli studi televisivi a spiegarci come uscire
dalla crisi che hanno creato loro? Noi non siamo smemorati. È la televisione
che non ha memoria. Ma noi ce l’abbiamo. Ce lo ricordiamo come siamo finiti
nella crisi. Quindi i responsabili saranno giudicati da un giudizio pubblico e
dovranno restituire i soldi che hanno rubato. Come i mafiosi».
Cosa vuol dire, che ha in mente dei processi pubblici?
«Assolutamente sì. Non processi.
Ma un giudizio pubblico. Con cittadini estratti a sorte, incensurati, che
diranno quali lavori socialmente utili far fare a questa gente che ha derubato
il Paese».
Scusi, Grillo, scavalcando la magistratura?
«La magistratura non c’entra.
Loro si prenderanno un avvocato, magari Ghedini che adesso è più libero del
solito, e si difenderanno. Sempre attraverso la legge, si capisce, mica
pensiamo a processi militari. Ma non pensino di cavarsela così. Di dire: “Va
bene, d’accordo, ci siamo sciolti, arrivederci, grazie, ci vediamo alle
Seychelles”. No, no: devono restituire, vedremo come, la differenza tra quello
che hanno speso e quello che hanno rubato».
Scusi, ma un conto è fare un processo “politico” e un altro imbastire
un processo sui reati. Lì c’è la magistratura.
«Vedremo, vedremo. Quali potranno
essere i metodi per fare le cose nel modo giusto non lo so. Io so solo che i
responsabili di questo disastro la devono pagare. Hanno fottuto due
generazioni. Hanno colluso con la mafia. Hanno riempito di pregiudicati il
Parlamento. Hanno violato tutte le decisioni prese dagli italiani nei
referendum. I partiti sono diventati delle banche. Il Pd è una banca. Il Pdl
una banca. Con degli amministratori. Fanno delle municipalizzate con dentro 20
società che hanno 20 consigli di amministrazione. Ci hanno messo tutti nei
guai. E adesso dobbiamo trovare i fondi per dare ai cittadini un salario di
cittadinanza perché nessuno si butti dalla finestra».
E i soldi dove li andreste a trovare?
«Si possono risparmiare quelli
della Tav. Si possono recuperare cento miliardi di evasione fiscale. Si possono
fissare tetti alle pensioni più alte, da 3.000 euro in su. Tante cose. Hanno
concesso agli evasori uno scudo fiscale facendogli pagare le briciole. Io
questa non gliela perdono. I cittadini non gliela perdonano. L’abbiamo già
detto, prendendo da Jim Morrison: “Nessuno uscirà da qui”».
Dentro il movimento siete d’accordo tutti, su questa cosa?
«Questo è quello che penso io.
Poi non so se diventerà il pensiero del movimento. Il movimento non è un
partito con un segretario che dà gli ordini. A casa mi ha telefonato un
giornalista che ha chiesto: “Mi passa, per favore, il segretario generale?”. Gli
ho passato mio figlio che ha 12 anni: mandalo affanculo tu, dai. Il segretario
generale! Noi abbiamo tre o quattro regolette, altro che partito».
Sarà, ma sul simbolo c’è scritto www.beppegrillo. it. Il simbolo è suo.
Proprietà sua.
«Certo. È mio e deve rimanere mio
perché è la garanzia che chi si iscrive deve essere incensurato e mi deve dare
la fedina penale. Chi si iscrive deve essere cittadino italiano, deve risiedere
in Italia, deve pagare qui le tasse, non deve essere iscritto a un altro
partito. Io controllo queste cose qua. Ho i magazzini pieni di fedine penali e
certificati di residenza. Io e Gianroberto Casaleggio ci facciamo un mazzo
così. Controlliamo tutto».
Vagamente inquietante, ammetterà.
«Se non facciamo così sa cosa succede?
Che mi nascono intorno grilli e grillini di tutti i generi. Sono spuntate liste
di ogni genere, con dentro la parola grillo. Grilli parlanti. Grilli elettrici.
Aggrillati. Sono riusciti anche a scovare uno che aveva esattamente il mio
stesso nome: vota Beppe Grillo sindaco. Ho degli avvocati che mi garantiscono
che quelli che si iscrivono almeno un minimo di buona reputazione ce l’hanno.
Sennò».
Fatto sta che dopo anni di contestazione alla politica basata sul
“padrone” del partito lei è padrone.
«Ma no, no. Posso essere
l’ispiratore. Il grande vecchio. Cosa devo dire? Io ci sono. Mi piace. Niente
di più. Noi facciamo democrazia dal basso. Le liste vengono fatte dal basso.
Dai cittadini. Il capolista, il candidato sindaco, è una scelta loro. Non li
calo mica io, dall’alto».
Quindi, se decidessero di buttare fuori lei per scegliersi un altro
leader?
«Liberi di fondare un altro
movimento».
Visto? Il partito è suo.
«Io faccio il garante. Adesso
viene il difficile. Ha idea di quanta gente cercherà di entrare?».
Teme quelli che salteranno sul carro del vincitore? Teme di imbarcare
qualche Scilipoti o qualche Razzi?
«Faremo di tutto perché non
succeda. Ma parliamoci chiaro: non sarà facile filtrare per bene le persone».
Fatto sta che, a escludere quelli che hanno una condanna, esclude anche
lei, che porta il peso di quel lontano incidente stradale in cui morirono tre
persone.
«Esatto. Infatti non sono
candidato. Non sono candidabile».
Come andò, quella volta?
«Era inverno. Guidavo io. Eravamo
a Limone Piemonte. Facevamo una strada che conoscevano quelli che erano in
macchina con me, ma io no. C’era un tubo che perdeva, una lastra di ghiaccio.
Siamo finiti fuori strada. Io mi ritrovai appeso a una roccia. E mi salvai, per
miracolo. I miei amici e il loro bambino no. In primo grado mi assolsero. In
appello mi condannarono. È un ricordo che mi pesa. Tutti i giorni».
Per questo non ha cercato di farsi restituire i diritti civili per
poter essere eletto?
«Io non voglio candidarmi. Voglio
che abbiano spazio gli altri. I cittadini. Che devono votare un programma. Non
una faccia. La storia è piena di leader che sono finiti appesi a gambe in su. I
cittadini devono dire: voglio questo programma, questo progetto, fatto da
queste persone. Voglio gli asili nido, voglio i parchi, non voglio gli
inceneritori, voglio l’acqua pubblica».
Messa così, i cittadini possono volere anche la luna ma poi come ve la
cavate, in una situazione economica pesante come questa?
«Noi abbiamo un programma di
massima. Condiviso. Poi è chiaro che si deve misurare coi fatti. Non vogliamo
tutto e subito. Non siamo così superbi. Io ho sempre cercato il confronto. Il
programma, dopo averne discusso per mesi, l’avevo portato a Romano Prodi. Avevo
cercato di spiegarglielo. Avevamo tirato in mezzo le idee anche di tre premi
Nobel. Da Joseph Stiglitz, per il lavoro, a Muhammad Yunus, per le banche e il
microcredito».
E Prodi?
«Ma vi rendete conto di come
nascono i nostri programmi? Siamo partiti facendo discutere la gente e mettendo
sul blog quello che usciva sui giornali stranieri, le idee più interessanti che
leggevamo sul New York Times o sul Financial Times, raccogliendo le
osservazioni degli esperti. Facendo discutere la gente. Confrontandoci. Abbiamo
scritto due articoli al giorno per anni. Lavorato come bestie per mettere a
punto le nostre idee. In quale partito hanno discusso tanto sulle cose quanto
noi?».
E Prodi?
«Io parlavo, lui ha fatto una
smorfia, poi si è addormentato ed è decollato nel cyberspazio... Quando abbiamo
fatto il V-Day, perché quelli di sinistra non si sono impossessati delle nostre
idee? C’erano il tetto delle due legislature, i voti di preferenza, la legge
elettorale. Erano lì, a disposizione».
Oddio, li avete bombardati a tappeto.
«Ma se ho provato perfino a
iscrivermi al Pd per andare al loro congresso e portare il nostro programma!
Non era di sinistra l’acqua pubblica? Non è di sinistra la raccolta
differenziata e tutte le altre cose che proponiamo? Non sono tutte cose
condivise dai ragazzi della base del Partito democratico? Io gli volevo dire:
ragazzi, in rete abbiamo fatto questo programma. Io faccio il comico e torno
volentieri a fare il comico. Voi siete un grande partito. Mandate via questi
cialtroni, questi morti viventi che avete alla guida, fate largo ai ragazzi,
prendetevi il programma e buona fortuna. Poi parliamo di tutto. Come va fatta
una macchina, come va fatto un piano regolatore, come va fatta una centrale
elettrica. Ma smettiamola di parlare di niente. Niente. Mi hanno risposto che
io sono ostile. Le ho tentate tutte. Anche violentandomi in una sezione del Pd
ad Arzachena per farmi la tessera. Niente. Non vogliono ascoltare. Vogliono
parlare solo fra di loro. Adesso basta. Adesso abbiamo la forza per fare alcune
cose, almeno qua e là, da soli. E dietro non abbiamo una banca o una S.p.A., ma
una Srl con una ventina di ragazzi bravissimi».
Comunque alla fine dovrà fare i conti con le alleanze.
«Ma no, no no no: non ci saranno
alleanze. In Parlamento ci saranno da una parte le banche, il potere
finanziario, gli zombi, l’industria con le pezze al culo e dall’altra ci saremo
noi che vogliamo un mondo diverso. Che chiederemo aiuto ai massimi esperti del
mondo di questo o quel settore. Parleremo di cose di cui siamo competenti. E
avremo finalmente in Parlamento dei cittadini competenti. Giovani. Colti. Che
leggono. Studiano. Si informano. Che vogliono la trasparenza. Che metteranno in
rete tutto. Tutto».
Anche le discussioni nel movimento?
«Tutto. Abbiamo provato a
discutere dell’organizzazione fra di noi. Un disastro. Diventi un partito
quando discuti della struttura. Non va bene. Bisogna discutere all’aperto. Con
i cittadini. Facciamo l’iper-democrazia. È difficilissimo, lo so. Ma noi ci
vogliamo riuscire».
Quindi tutte le riunioni del partito...
«Non lo chiami partito! Non è un
partito! È un movimento. E tutto ciò che avverrà dentro il movimento sarà
pubblico. Lo so anch’io che un bilancio è una cosa incomprensibile. Ci sarà
qualcuno che si farà carico di spiegarlo ai cittadini. I cittadini devono
capire come vengono spesi i loro soldi. E dire qual è la loro priorità di
spese».
Quindi una democrazia piena zeppa di referendum.
«Sì. Non siamo svizzeri che lo
fanno da 150 anni e bisognerà farci la mano, ma sì. Dovremo arrivarci, piano
piano. La democrazia dal basso è quella. E dovremo modificare qualcosa della
Costituzione».
Cioè?
«Beh, siamo stati scottati: il
Parlamento deve avere l’obbligo di discutere delle leggi popolari che vengono
presentate. L’obbligo. E poi il referendumsenza quorum. Due o tre cose. Per
arricchire una Costituzione che è già meravigliosa per conto suo ma non prevede
lo spazio necessario per i cittadini».
Un giorno disse che voleva fare il comico fino a 94 anni.
«È vero».
E poi, cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
«Vado un po’ a vedere cosa c’è di
là».
Gian Antonio Stella
31 maggio 2012 (modifica il 1
giugno 2012)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
lunedì 4 giugno 2012
Come sono andate le recenti elezioni amministrative?
Non per semplificare (o banalizzare) i risultati, ma alcune questioni sembrano chiare:
1- Molti italiani non sono andati a votare. Molti, anzi moltissimi. Qualcuno dice oltre 1/3. Si trattava di elezioni amministrative, quelle che solitamente registrano percentuali alte di partecipazione.
2- Tutti i partiti rappresentati in Parlamento hanno subito flessioni nel loro elettorato; chi ha visto dimezzare i propri consensi, chi ha perso percentuali preoccupanti di elettori. Nel generale crollo di consensi, qualche partito, certamente il Partito Democratico, ha perso meno degli altri.
3- Vincere semplicemente perché gli avversari, peraltro divisi, dimezzano il loro consenso, assomiglia a una vittoria “agrodolce”. Certamente non si tratta di una vittoria che dà certezze per le prossime elezioni politiche.
4- In pochi mesi le “stime elettorali” sono state travolte: il PDL, dopo Berlusconi, senza Berlusconi, sembra implodere. Questo fatto è certamente destinato ad avere conseguenze nel prossimo futuro politico italiano.
5- La Lega aveva deciso di andare da sola alle Elezioni Amministrative per “conquistare” il Nord, per misurarsi senza l’alleanza col PDL, per dare una spallata al Governo Monti. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: tranne Verona, nel resto del Nord la Lega sembra politicamente quasi irrilevante. Saranno stati gli scandali del “cerchio magico”, ma non c’è dubbio che la Lega rischia il capolinea.
6- L’unica altra certezza delle recenti elezioni amministrative è la vittoria della lista Cinque stelle e del Deus ex machina Beppe Grillo.
Questi sono alcuni dati, difficilmente contestabili, che si possono evincere dalla tornata elettorale. Sono messaggi che gli elettori, i cittadini italiani hanno mandato alla classe politica. Comprendere, analizzare a fondo, fare propri questi messaggi senza pregiudizi, significa ridare un valore alla politica, preparare veramente una stagione nuova per l’Italia.
l.r.
Il terremoto che ha colpito i nostri comuni, che ha sconvolto la nostra regione ha imposto un silenzio rispettoso su fatti ed eventi che sembrano, in tanta tragedia, meno importanti. Tra questi l’analisi e il commento del recente voto amministrativo.
Riprenderemo quanto prima a parlare di politica e partendo proprio dal voto amministrativo.
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