Belsito, Lusi, ma anche Scilipoti, Calearo…
Ogni giorno che passa la realtà che scaturisce dalla vita dei partiti politici supera ogni più infausta previsione. Con i fatti sollevati sulla Lega dalla Magistratura il cerchio si chiude (e non è tanto magico…) e sotto accusa non è più questo o quel partito, questo o quel dirigente, ma il sistema che regola la vita dei partiti.
La democrazia non può fare a meno dei partiti, ma i partiti devono riformarsi profondamente, altrimenti non ci sarà argine all’antipolitica.
Il tema di fondo è ancora una volta il finanziamento pubblico dei partiti. Questo è il tema da cui partire per rifondare i partiti e la politica italiana. Gli italiani su quest’argomento si sono già espressi, la volontà popolare è conosciuta, andrebbe solo rispettata. Il referendum abrogativo promosso dai Radicali Italiani nell'aprile 1993 vide il 90,3% dei voti espressi a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Insomma tutti gli italiani (forse con l’eccezione di qualche dipendente dei partiti) vollero abolire il finanziamento pubblico ai partiti. Questo è un dato e in democrazia la volontà popolare, qualunque essa sia, si rispetta.
Certo qualcuno dirà che c’era stato lo scandalo Tangentopoli e che quindi quel voto era un voto emotivo.
Dopo quasi vent’anni siamo ancora allo stesso tema: i partiti vanno o non vanno finanziati con soldi pubblici? Se, nonostante tutto, si ha ancora il coraggio di rispondere sì, occorrono delle regole e dei limiti entro i quali quei finanziamenti possano essere assegnati.
A questo punto c’è un’altra questione che non dobbiamo eludere: possono gli stessi attori protagonisti di tanto scempio, riscrivere le regole della vita democratica?
l.r.
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